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Tra Sogno e Realtà

-Ricordo-

Non erano trascorse nemmeno tante lune ma nemmeno cosi poche eppure tutto in me era tale e quale, restio in ogni mio pensiero quasi a voler cancellare tutto ma coinvolto a tal punto che continuavo a pensare.

A Volte si ha la smisurata sensazione che da un momento all’altro tutto possa cambiare, stravolgerti senza nemmeno lasciarti il tempo di riflettere, capire, senza nemmeno aver chiesto nulla.

Ricordo il colore e quel riflesso cosi vellutato sull’acqua così potente nell’animo cosi penetrante nel cuore e lo ricordo bene ancora la gente dormiva forse impegnata a sognare o a perdersi tra i meandri dei pensieri eppure io ero lì aspettando che dal nulla tutto prendesse forma e colore e non immaginavo nemmeno quanto.

Ci sono dei momenti in cui ti alzi di scatto, ma non da una sedia e forse nemmeno fisicamente perché a fare quello scatto e ben altro, lo senti da dentro che forse nemmeno capisci da dove, forse l’anima che impetuosa come al suo solito sfugge ad ogni controllo, o forse il cuore che ragione non conosce e mai conoscerà, sai solo che in quei momenti da dentro qualcosa si muove scatta e cerca una via, forse di fuga o semplicemente dove scorrere in quei pochi attimi prima che le tue labbra si muovano e con la pelle addosso che vibra, pronunceranno solamente  -“meraviglia”.

Ecco, posso dire che era uno di quei momenti, forse il più forte tanto da restare inciso nella mia mente, che poi dal cuore alla testa è così breve la distanza che ormai ogni mia emozione conosce la strada e viaggia ad occhi chiusi.

Quel momento aveva qualcosa di speciale, diverso da tutti gli altri; hai presente l’emozione che provi quando per il tuo compleanno al calar della sera non ti aspetti più nulla, e poi apri la porta e chi ti ama si trova lì, parenti e amici tutti uniti solo per Te, cosi d’improvviso, cosi, meraviglia, beh io mi sentivo proprio cosi perché nulla mi aspettavo e tutto avvenne in quell’attimo con la stessa meraviglia e stupore di una sorpresa.

Quel riflesso era di un sole che con timidezza provava ad affacciarsi da dietro quella linea che tutti chiamano orizzonte, ma io preferisco chiamarla - Confine - il confine tra la notte ed il giorno, tra buio e luce, tra il cobalto e il vermiglio, tra coraggio e paura , il confine tra me e il tutto, o il nulla, perché a volte il confine è così sottile che fai fatica a distinguere.

Capì sin da subito che tutto ciò mi avrebbe cambiato, forse stravolto, perché è proprio quando credi di aver trovato quell’equilibrio che tanto cercavi, quella sensazione di pienezza e serenità che tanto desideravi che capisci che in realtà forse non avevi nulla, perché se a rimettere tutto in discussione sono bastati due occhi allora sei nella merda fino al collo e difficilmente ne saprai uscire fuori pulito ed alcune macchie saranno talmente indelebili da portartele dietro per una vita intera.

Ricordo di un muretto stretto e lungo sulla quale si poteva vedere l’immensità del mare se solo si avesse avuto il coraggio si salirci sopra ed io quel coraggio lo ebbi, sotto di me il mare, sopra il cielo e davanti ai miei occhi l’infinito.

Aveva da poco fatto il suo ingresso in scena il sole quando sentì la delicatezza di una mano sfiorare la mia caviglia ciò accompagnato da poche sillabe, con un suono che sapeva di magia soffice e pura, chiedevano se potessi darle una mano a salire, si susseguirono istanti di silenzio e altri di maestoso stupore. Rimasi immobile e dalla mia bocca non usci parola, forse solo un respiro ma dubitai anche di quello, so solo che continuai a guardarla, allungai la mia mano aiutandola a salire per raggiungermi, lì su quel muretto, lì dove magari i sogni prendono vita al nascer del sole.

La mia mano continuò a stringere la sua con fermezza e dolcezza allo stesso tempo e forse per timidezza lei non provò a staccarsi, anzi per un attimo mi sembrò di sentire che la sua ricambiasse quasi a chiedere in silenzio di continuare a proteggerla. Alzai lo sguardo ed ebbi il coraggio di guardarla negli occhi, sapeste cosa ci vidi dentro, il sole ne aveva preso dimora e nella penombra come faro su un porto si illuminavano e fu lì che persi il controllo di tutti i miei sensi. Per un attimo immaginai che un pittore dietro di noi stesse su tela dipingendo quella scena, i nostri corpi neri su uno sfondo il cui rossore si perdeva tra magia e infinito e che il pennello sempre più asciutto sfumasse l’emozione attorno a me.

Continuai a custodire la sua mano con la mia e con un filo di voce chiesi - Tutto bene? -  lei annui e subito il suo sguardo si rivolse a sinistra, lì dove il giorno stava prendendo vita,

- Guarda che meraviglia – mi sussurrò con dolcezza, ed io senza lasciar pausa tra la sua voce e la mia risposi

- Si, nulla di più bello -  ma i miei occhi non smisero di guardarla nemmeno per un istante. Senza accorgercene le nostre mani si erano staccate e lei fece cenno di volersi sedere, accompagnai il suo corpo col mio ritrovandoci seduti l’uno accanto all’altro con le nostre gambe pendolanti e con esse tutte la paure che erano dentro di me. Per la prima volta dopo molto tempo risentì un brivido dentro, gli equilibri su cui avevo fondato la mia rinascita di colpo iniziarono a pendolare come le mie gambe e capì subito che nulla sarebbe più stato lo stesso.Di colpo tutto attorno a noi si colorò d’imbarazzo, il mare mostrava la sua forza tra gli scogli e a volte sentivi piccole gocce arrivare addosso, bagnarti ma tutto era piacevole e tutto era reale, quelle gocce sulla pelle ne erano la prova, il sogno aveva fatto spazio alla realtà. Tra le tante cose che un uomo è chiamato a vivere ne esiste una chiamata “speranza” e bene, quella la custodivo dentro sin da quando ebbi la facoltà di capire, di capire che senza non sarei mai andato oltre, ed io continuavo ad affidarmi ad essa. Nonostante la meraviglia che la natura mi stava offrendo in quel momento, Lei continuava ad essere al centro della mia attenzione, e non mi sfuggi l’istante esatto in cui i suoi occhi caddero su quelle lancette che sembravano segnare la fine, mi parve di sentirne il loro tictio ed il sole sembrava oscurarsi.

Ciò che più odio del tempo è che non aspetta, scorre inesorabile lasciando dietro strascichi e riuscire a reggere i suoi passi a volte diventa talmente difficile da sentirsi smarriti. Capita spesso di voler fermare l’attimo congelando quell’istante per poi scioglierlo, lì dove il tempo non ha potere, dove il niente può diventar tutto e dove i pensieri ed i sogni di nascosto, come amanti, si sfiorano per poi toccarsi e diventare un’unica essenza. Quelle lancette probabilmente avevano un peso enorme perché mi fu difficile sorreggerle, nel momento in cui lei di colpo sollevò il capo e a seguire il suo corpo, si soffermò per un ultimo istante a guardare avanti, chiuse gli occhi e sentì il suo lungo respiro percorrere la pelle, poi si girò si sedette sul muretto ed allungò la mano verso la mia e non appena la mia mano avvolse la sua, lei saltò giù, proprio dove tutto aveva avuto inizio. -Scusami-  furono le sue uniche parole per poi voltarsi e iniziare a correre, come se fosse in ritardo, ed io, quasi di pietra la osservai, volevo dirgli solo “aspetta”, ma non usci suono dalla mia bocca, poi la vidi voltarsi solo un’istante, gridare -Grazie – e continuare la sua corsa fino a sparire. Forse resterai solo una foto dai contorni incerti o sbiaditi, ma sarai comunque la foto più bella che i miei occhi abbiano mai scattato.

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                                                                                                                                                             Toscano Domenico

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